Dalla tua TV locale al tuo feed di notizie: come Giancarlo Cito ha creato il modello che oggi determina chi voti

5 Modi in cui Giancarlo Cito ha Anticipato il Populismo Moderno (Tra TV e Politica)

Il populismo mediatico italiano ha radici ben più profonde di quanto si pensi comunemente. Molto prima dell’era Berlusconi e dell’esplosione dei social media, Giancarlo Cito (1945-2023) aveva già intuito il potenziale rivoluzionario della comunicazione diretta e del messaggio anti-establishment. Fondatore di Antenna Taranto 6 nel 1985, Cito trasformò questa emittente locale in una potente piattaforma politica personale, anticipando strategie comunicative che sarebbero diventate pilastri del populismo del XXI secolo.

Questo pioniere della comunicazione politica diretta comprese, con straordinario anticipo, come il controllo dei media potesse bypassare i filtri della politica tradizionale, creando un rapporto immediato con l’elettorato e plasmando il consenso attraverso strategie che oggi consideriamo caratteristiche del populismo contemporaneo.

Il controllo mediatico locale come fondamento del potere politico

Cito costruì il suo potere politico attraverso Antenna Taranto 6 (AT6), utilizzandola sistematicamente come arma per attaccare gli avversari e veicolare messaggi populisti. La sua intuizione più significativa fu comprendere che possedere un canale di comunicazione diretto con i cittadini permetteva di superare completamente i filtri della politica tradizionale, creando un legame immediato con l’elettorato.

Michele Sorice, docente di Sociologia della comunicazione alla LUISS, ha definito questo modello come “disintermediazione politica”, identificandolo come uno dei tratti distintivi del populismo contemporaneo. Nel suo saggio “Mass media e sfera pubblica” (2015), Sorice evidenzia come l’uso politico delle televisioni private sia diventato un elemento fondamentale nella costruzione del consenso, esattamente come Cito aveva intuito anni prima dell’avvento della Seconda Repubblica.

La retorica anti-sistema e la costruzione strategica del nemico pubblico

La Lega d’Azione Meridionale (LAM), fondata da Cito nel 1992, sviluppò una retorica fortemente anti-Roma e anti-establishment che anticipava molti temi dei movimenti populisti attuali. I documenti programmatici della LAM mostrano l’uso sistematico dello schema “popolo vs élite”, con slogan come “Prima Taranto” che risuonano sorprendentemente familiari alle orecchie contemporanee abituate a “Prima l’Italia” o “America First”.

La politologa Donatella Campus ha identificato questa strategia come prototipo del populismo meridionale, evidenziando come Cito avesse compreso l’efficacia di identificare nemici esterni per compattare il consenso. La sua capacità di trasformare il malcontento locale in una narrativa politica coerente rappresenta un caso di studio ancora rilevante per comprendere le dinamiche populiste odierne che vediamo riprodotte su scala nazionale.

La politica come spettacolo: gesti simbolici e teatralizzazione del potere

Uno degli episodi più emblematici della carriera politica di Cito fu la sua nuotata dimostrativa nel Mar Piccolo di Taranto del 1993, organizzata per denunciare l’inquinamento industriale. Questo gesto simbolico, ripreso strategicamente dalle telecamere della sua emittente, rappresenta uno dei primi esempi documentati di “politica performativa” in Italia – una tattica che oggi vediamo applicata quotidianamente sui social media dai leader politici contemporanei.

Massimiliano Panarari, sociologo dei processi culturali, ha analizzato questa tipologia di azioni come anticipazione delle strategie di personalizzazione mediatica che caratterizzano la comunicazione politica attuale. Nel suo “Elogio delle minoranze” (2020), Panarari sottolinea come questi gesti simbolici abbiano la funzione di rendere tangibili questioni politiche complesse, trasformandole in narrazioni efficaci e immediatamente comprensibili per l’elettorato.

La resilienza mediatica e la trasformazione delle crisi in opportunità politiche

La carriera di Cito fu segnata da importanti vicende giudiziarie, culminate nella condanna per concorso esterno in associazione mafiosa nel 2002. Tuttavia, anche in questo frangente, dimostrò una notevole capacità di gestire mediaticamente la crisi, trasformando la propria immagine da sindaco a “martire politico” attraverso programmi televisivi sulla sua emittente.

Questo processo di “riabilitazione mediatica” anticipa i meccanismi che oggi vediamo operare quotidianamente nella sfera pubblica digitale. Sofia Ventura, politologa dell’Università di Bologna, nel suo studio sulle leadership populiste (2019), evidenzia come questa resilienza narrativa sia diventata un tratto distintivo della politica personalizzata, dove le vicende private del leader diventano parte integrante della sua proposta politica e del suo rapporto con l’elettorato.

Le dinastie politiche come strategia populista di continuità

Un ultimo elemento che collega Cito alle strategie populiste contemporanee è il tentativo di creare una dinastia politica. La candidatura del figlio Mario Cito a sindaco nel 2007 costituisce un caso precoce di trasferimento del capitale politico familiare, fenomeno che oggi vediamo diffondersi in numerosi contesti populisti internazionali.

Sofia Ventura ha inserito questi tentativi nel quadro delle “nuove aristocrazie elettorali”, evidenziando come il populismo contemporaneo, pur criticando ferocemente le élite tradizionali, tenda paradossalmente a creare nuove forme di continuità dinastica basate sul carisma e sul capitale simbolico accumulato dal leader fondatore.

L’eredità di un laboratorio politico anticipatore

L’esperienza politica di Giancarlo Cito rivela come molte delle caratteristiche che associamo al populismo contemporaneo abbiano radici profonde nel localismo mediatico degli anni ’80 e ’90. La combinazione tra controllo dei media, retorica anti-sistema e personalizzazione del potere rappresenta un modello che, partendo da una dimensione provinciale, anticipò dinamiche che sarebbero diventate dominanti nella politica nazionale e internazionale.

Ciò che distingue l’esperienza di Cito dai populismi contemporanei è principalmente la scala tecnologica. Dove oggi operano algoritmi, piattaforme social e big data, Cito disponeva semplicemente di una televisione locale e di comizi di piazza. I principi fondamentali della sua comunicazione politica, tuttavia, rimangono sorprendentemente attuali e riconoscibili nelle strategie dei leader populisti contemporanei.

La recente scomparsa di Giancarlo Cito offre l’occasione per rileggere criticamente la sua parabola politica, riconoscendone il valore come caso di studio per comprendere l’evoluzione delle strategie populiste in Italia. L’intreccio tra media e politica, tra gestualità simbolica e costruzione del nemico, tra carisma personale e creazione di dinastie politiche rappresenta un modello che, dalla periferia tarantina, ha anticipato dinamiche centrali nel dibattito politico contemporaneo.

Come ha scritto recentemente lo storico della comunicazione Giovanni Orsina: “La storia del populismo italiano è ancora in gran parte da scrivere, ed è probabilmente nelle esperienze locali, nei fenomeni apparentemente marginali, che possiamo trovare le chiavi per comprendere dinamiche che oggi appaiono dominanti”. Il caso Cito, in questo senso, rappresenta un capitolo fondamentale di questa storia ancora da esplorare pienamente.

Quale strategia di Cito è più efficace nel populismo moderno?
Controllo mediatico locale
Retorica anti-sistema
Politica come spettacolo
Resilienza nelle crisi
Dinastie politiche

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